SUNDOWN
di Michel Franco
Inquietudini e fragilità dell’animo umano, passiva rassegnazione alla brutalità in un dramma esistenziale sull’abbandono di sé e delle cose del mondo: SUNDOWN è un’esplorazione chirurgica della zona oscura, una fotografa di ipocrisie e complicità negli squilibri familiari. Fedele al suo cinema sull’osservazione di contrasti e distanze sociali, Michel Franco studia la silenziosa connessione con il dolore e, come in CHRONIC, adotta un linguaggio moderno che contamina i generi attraverso una messinscena classica che privilegia sfumature, alterazioni cromatiche e segnali distonici.
Alice e Neil, eredi di un gruppo industriale, durante una vacanza ad Acapulco vengono richiamati a Londra per un lutto familiare, ma l’uomo finge di aver smarrito il passaporto e rimane in un hotel decadente. Tra metafora e realismo, Franco racconta la disperazione e l’isolamento all’interno di gruppi segnati dalla tragedia. Dentro non-luoghi svuotati di bellezza e allegria, dopo il politico NUEVO ORDEN l’autore costruisce il suo punto di vista pessimista tra incomprensioni e crimini che diventano una rappresentazione del presente. Rarefatto, oscuro, scandito da ellissi narrative che dilatano disorientamento e tensione, SUNDOWN, in concorso a Venezia, continua a seguire le tracce del malessere in un apologo morale senza pietas. Un film affascinante e crudele, segnato dall’indifferenza alle pulsioni vitali e salvifiche, opera allegorica destabilizzante che traccia l’ultimo viaggio prima della dissolvenza.
Mario Mazzetti