FINALE A SORPRESA
di Mariano Cohn, Gaston Duprat
La coppia di registi argentini è tornata a Venezia con FINALE A SORPRESA, opera quinta (più un film solista per ciascuno) che ne conferma lo stile raffinato e mordente, con sceneggiature cesellate in ogni dettaglio e una struttura stavolta incentrata sul confronto tra i personaggi principali: un gioco di ruolo che mette alla berlina tic e manie di grandezza degli attori e la più cervellotica autorialità. All’interno di strutture di vetro e cemento, valorizzate da riprese geometriche e movimenti di macchina ridotti all’essenziale, i registi si affidano alla verve interpretativa di un terzetto straordinario: Penelope Cruz (la regista Lola Cuevas), Antonio Banderas (la star internazionale Felix Rivero) e Oscar Martinez (Ivan Torres, interprete di grande fama teatrale). Soltanto quest’ultimo è argentino (il film è di produzione e ambientazione spagnola) e il dettaglio spicca (almeno nella versione originale) nelle prove meticolose di un film fortemente voluto da un anziano capitano d’industria che, nonostante i successi, ritiene di dover “lasciare il segno” con il grande cinema. Senz’alcuna preparazione specifica, il miliardario si affida al meglio su piazza, una regista dai lunghi ricci castani e due attori diversi come il giorno e la notte, uniti soltanto da un senso innato di rivalità e dall’ego smisurato.
Le prove nella villa ipermoderna non si basano soltanto sulla lettura del copione ma assecondano, non senza resistenza e attriti, un metodo a dir poco singolare per far entrare gli attori nella parte: tutto sarà messo in discussione, persino i premi vinti; ogni espediente e ogni reazione saranno ammessi, con effetti fortemente esilaranti soprattutto nel contrasto tra l’approccio rigoroso e intransigente dell’attore di teatro, tutto di testa, e quello più spontaneo, convenzionale e capriccioso del divo. Menzogne e bassezze caratterizzano il percorso creativo con prevedibili intoppi, inclusa l’entrata in scena della nipote del magnate, il cui talento artistico sembra carente.
Cohn e Duprat agiscono per accumulo di trovate, la risata è una reazione alle stranezze e ai mezzi dispiegati, lo sviluppo della trama si alimenta con i comportamenti e i sotterfugi fino allo scioglimento ai limiti del grottesco. Cinema di inventiva e affabulazione, servito dagli interpreti (la Cruz ha portato a casa la Coppa Volpi per il film di Almodovar ma qui non è meno brava) con un senso di claustrofobia montante e una verbosità che ad alcuni potrebbe apparire eccessiva.
Mario Mazzetti